Karpathos: un itinerario tra due mondi

Spiaggia di Karpathos Foto di analogicus da Pixabay

Dominazioni ed emigrazioni

Karpathos è immersa nel Mar Egeo tra le isole più grandi di Rodi e Creta. Una terra consacrata alle tradizioni, soprattutto nel piccolo villaggio solitario di Olympos, e alla vita rurale.

Una storia quest’isola della Grecia che affonda le sue radici non soltanto tra l’una e l’altra dominazione ma anche in un evento più importante: l’emigrazione verso l’America.

Qui sono passati -come il Meltemi, il vento che sferza forte dal mare- i dori, i romani, i bizantini, i turchi, i veneziani. Karpathos si chiamava Tetrapolis per via dei quattro punti nevralgici: Arkesia, Nisyros, Potideon e Vrykus. Fu soltanto sotto la dominazione veneziana, e soprattutto sotto la Famiglia Cornaro, era il 1306, che il nome deviò in Scarpando.

Karpathos in balia dei pirati

Da qui partirono in cerca di fortuna quasi tutti gli uomini dell’isola che potevano affrontare un viaggio lunghissimo verso l’America. Erano pastori, artigiani, pescatori. A loro si deve la ricostruzione di Pigadia.

Il villaggio era un ottimo punto di osservazione, quindi dalla loro avevano materialmente il tempo di fuggire appena avvistati i pirati. L’Egeo era infestato però. Le scorribande erano troppo frequenti e impoverivano la popolazione, così a un certo punto si spostarono sull’altro versante dell’isola in modo da non essere né visti né trovati. Quel nuovo insediamento si chiamava Olympos.

Il risultato fu che di Pigadia non rimase che lo scheletro del villaggio.

La cittadina figlia degli emigrati

Furono gli emigrati, molti secoli dopo, che tornando di -tanto in tanto- nei giorni di festa o per altre ricorrenze speciali, poterono ricostruire ciò che era andato perduto. Con le tasche piene -in America avevano trovato quella fortuna cercata- cominciarono a tirare su una casa dopo l’altra fino a restituire giustizia alla principale cittadina di Karpathos.

Ta Pigádia significa La Fontana, un nome che deve alle tantissime sorgenti di acqua sparse sul suo territorio. Certamente approdare qui è un’esperienza indescrivibile.

Pigadia Foto di analogicus da Pixabay

Le due metà di Karpathos

Pur essendo piccolina, l’isola, ha tanti contrasti che, agli occhi di chi la guarda, sono i suoi elementi distintivi.

È una terra divisa a metà, intanto. Sono come due mondi opposti. Le montagne corrono in cima, la vetta più alta è il Monte Lastos con i suoi 1215 metri di altitudine.

La teatralità di queste alture sposa il cielo e spazia intorno con una scenografia che è sempre diversa. Sotto, da un lato corrono le spiagge splendide e le acque luminose. Una biodiversità da fare invidia. I pini marittimi che digradano rigogliosi verso il mare insieme agli ulivi e alle tamerici. I villaggi che prosperano di turismo.

Dall’altro lato vive lo spirito impervio dell’isola. Rado, senza tempo. Sottratto alla globalizzazione, come se fosse rimasto fermo al tempo dei pirati. Un luogo fantasma al pari di quando nascondeva i suoi abitanti.

Una cupola rossa, i mulini a vento e il pane

Non si può non guardare a entrambi questi modi di vita. C’è una completezza di fondo mettendoli insieme.  E è impossibile sfuggire a Olympos e alla strada, faticosa ma struggente, che conduce fin lassù. In quella comunità considerata tra le più antiche e tradizionali dell’intera Grecia.

Per metà si è nel sole caldo che fa brillare il mare, che lascia intravedere la cupola rossa di Kira Panagia e la quieta maestosità della Natura. E per l’altra metà si è spettinati dal Meltemi. Laggiù in lontananza c’è il popolo dei surfisti che divora i riccioli delle onde.

E poi ci sono i mulini a vento, che non occupano le colline a caso. Il vento da queste parti, nonostante arrivi a piegare gli alberi, è sempre stato una benedizione. Il vento è il motore delle pale e le pale fruttano la farina e di conseguenza il pane, che è considerato un tesoro a Karpathos. Soprattutto il Pane Pasquale che fa propri i riti di una volta prima di essere messo sui banchetti della festa.

Cupola rossa di Kira Panagia Foto di analogicus da Pixabay

Cosa fare a Karpathos

Su queste colline e tra le montagne si inerpicano almeno una trentina di sentieri. Non si può andare in giro spavaldi, i dirupi sono una costante. Ma se sei in cerca di avventure, di trekking e di scoperte incredibili questo luogo lo amerai da subito. Non è comodo ma è selvaggio, ha una Natura incontaminata e piccoli borghi di pescatori che strappano sorrisi.

Un tramonto a Piles, un bagno pazzesco a Pigadia Beach con la sabbia bellissima, una fotografia davanti a Kira Panagia per immortalare la cupola rossa che si vedeva dalla cima delle montagne o la colonia di tartarughe marine.

E puoi prendere il sole lontano dal Meltemi, sulla spiaggia di Amoopi. Amoopi che è anche il contraltare di Pigadia. Quest’ultima così moderna, ricca, piena di gente, gentilmente incasinata; l’altra a ridosso del mare, silenziosa, lontana dalla confusione ma nemmeno troppo.

Pescatore a Karpathos Foto di Helena Volpi da Pixabay

Isole senza tempo

Come vedi ogni posto di Karpathos è continuamente un felice contrasto di emozioni.

E, se ti resta del tempo, puoi raggiungere in barca l’isola dei pirati, Saria. È un piccolo gioiello incastonato a nord di Karpathos. Il risultato di un terremoto che ha reso il più piccolo isolotto in una terra solitaria, ottimale per pirati e scorribanda.

Si può starsene spalmati sulla spiaggia, o salire fino in cima al villaggio in pietra che risale al medioevo, e alla chiesetta di Agios Zacharias.

Su questo fazzoletto di terra si aggirano solo delle caprette arzille e qualche pastore. Una giornata in questo posto annulla definitivamente quel piccolo barlume che era rimasto dell’arida urbanità.

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