Chios, l’isola della Masticha, di Omero e Theodorakis

Personalità di spicco

Ma partiamo dalle due caratteristiche intramontabili: è la terra di Omero, o meglio dove si crede sia nato, ed è certamente la terra del compositore Mikis Theodorakis, che proprio ieri è venuto a mancare. A lui dedichiamo questo post, e celebriamo un paesaggio unico ricco di fortezze genovesi, di casolari agricoli e di villaggi medievali.

Tra le peculiarità dell’isola certamente ci sono la Masticha di Chios e il Monastero di Nea Moni.

LA MASTICHA DI CHIOS

La lavorazione della masticha, cioè del cosiddetto mastice, è molto antica. Veniva prodotta già in epoca antica, ai tempi di Ippocrate, che tra l’altro la cita come un buon rimedio contro i disturbi digestivi, per combattere il raffreddore e come rinfrescante per la bocca.

La leggenda di Chios

La Masticha è un lattice liquido contenuto nelle piante di lentisco che se fatto fuoriuscire -a contatto con l’aria- si indurisce creando una particolare resina a gocce. Per questo viene soprannominata la lacrima di Chios.
Ma c’è un antefatto. Una leggenda ci racconta di un giovane soldato romano, Isidoro, che convertitosi al cristianesimo non volle ripudiare l’abbracciata fede. Fu quindi martirizzato: gli furono legate le mani e con una corda venne trascinato da Chios città fino al sud dell’isola. Il Santo iniziò a piangere, la terra assorbì le sue lacrime e così gli alberi iniziarono a piangere a loro volta. Da quel giorno molti popoli si contesero queste terre per farne un commercio fiorente, mentre le spoglie di Sant’Isidoro vennero portate a Venezia, nella Basilica di San Marco, dove ancora riposa.

La masticha lavorata

La lavorazione della masticha

C’è un grandissimo lavoro prima che la resina diventi mastice.
Prima di tutto si effettua la potatura, poi una bella pulizia intorno all’albero e infine si pensa al terreno sottostante, lo si spazza con una comune scopa.
Del processo successivo si dice che si “prepara la tavola” quindi proprio sotto l’albero viene setacciato un terriccio bianco composto da carbonato di calcio.

Il lentisco inizia a piangere

I tronchi, a questo punto, vengono scanalati con un arnese chiamato kentitiri. E’ il periodo che si chiama “dell’intaglio”.
Il lattice che fuoriesce da questa operazione si solidifica dando inizio alla prima raccolta (Luglio/Agosto) e poi alla seconda raccolta (Settembre/Ottobre).
Le pite, che sono i pezzi più grandi, si raccolgono subito; poi si raschia sulla corteccia con un arnese chiamato timitiri che fa cadere le gocce sulla “tavola” di carbonato. Le gocce, a contatto con il terriccio bianco, diventano brillanti e si prelevano più facilmente.

GUARDA LA GALLERY FOTOGRAFICA 
DEL PROCESSO DI LAVORAZIONE

 

Il mastice di Chios verso il mondo

La fase successiva è la pulizia: si eliminano le foglie e i ramoscelli, si passano le gocce al lavaggio dove vengono insaponate, e infine si risciacquano e si mettono ad asciugare.
I chicchi vengono poi ripuliti ancora con un coltello, uno per uno, goccia per goccia, dalle Danikes cioè dalle donne, per circa 5 mesi, 4 ore al giorno. Un lavoro intenso e faticoso.
Ma non finisce qui perché il trattamento finale è presso l’Associazione dei Coltivatori “Chios MGA” dove subisce la raffinazione e il confezionamento per essere messo in commercio.

Oltre alle famose gomme da masticare, a Chios trovi il Mastika, un liquore di origine protetta che può essere consumato sia come digestivo che come cocktail. Le note della resina ovviamente ne decretano il sapore legnoso.

Ti piacerebbe contribuire a mantenere viva questa tradizione?

Il lentisco è un arbusto mediterraneo che ha bisogno di essere curato, soprattutto nella fase della potatura e della pulizia del terreno, e le sue cure sono piuttosto dispendiose.
Gli abitanti di Chios hanno così deciso di far nascere una campagna di sensibilizzazione perché il valore di queste piante non vada disperso.
Se vuoi, potresti ADOTTARE UN LENTISCO anche tu e contribuire alla sua rigenerazione.

Se ti appassiona questa storia non puoi perdere le 3 più importanti Mastichochoria, cioè i villaggi medievali dove nasce e cresce il lentisco. In tutto sono 24 località medievali, ferme in un tempo antico, di cui i principali 3 villaggi sono:

Pyrgi

Tipicamente greco, questo villaggio è un sali-e-scendi di vicoli stretti. È soprannominato il villaggio dipinto per via delle facciate intonacate di bianco e dipinte con simboli geometrici grigi. Un motivo decorativo chiamato Xysta.
Un bel contrasto sono i grappoli di pomodori essiccati che scendono giù dai balconi, molto rurali e molto buoni.
Pyrgi non poteva che essere inserito nella lista dei Patrimoni Unesco, non soltanto per essere uno dei villaggi mastichochoria ma anche per la bellezza dei suoi edifici di marmo.

Olympi

Ha una natura più contadina ma lo stesso ha un’architettura magnifica. Dall’esterno appare come una fortezza, infatti le case hanno finestre e porte che si aprono solo verso l’interno.
Nel periodo di Carnevale va in scena una parodia in costume che richiama i visitatori da tutta Chios, e non solo.
Un figurante, che rappresenta il giudice ottomano Agas, dirige la festa.
Vicino a Olympi, nel villaggio di Sykia, si trova la Grotta di Olympi che presenta una conformazione di stalattiti e stalagmiti vecchie più di 150 mila anni.

Mesta

Di origine bizantina venne costruito come un labirinto per rendere l’accesso più complicato alle piraterie. Solo con il dominio genovese il villaggio venne fortificato. Il 1822 segnò per Mesta il declino. Gli ottomani massacrarono migliaia di persone e distrussero i raccolti di mastice condannandola all’impoverimento. Il villaggio oggi è un piccolo gioiello, si possono visitare alcune chiese e godersi qualche bella spiaggia come Apothia Beach o Paralia Avlonia.

A Chios il Monastero Nea Moni

Il secondo punto di riferimento di Chios è Nea Moni, al centro dell’isola, uno dei monasteri più importanti dell’Egeo.
Patrimonio Unesco, questo luogo oltre che per la bella posizione in mezzo alla Natura e per la sua austera figura, è un’opera votiva.
Tre monaci, infatti, che si trovarono a passare nel luogo in cui ora sorge il monastero, videro l’icona della Vergine Maria e questa parlò loro. Subito i monaci vollero confidare a Costantino l’esito di questa apparizione. In quel periodo Costantino era in esilio a Lesbo ma li ricevette lo stesso e questi poterono rivelargli che la Vergine aveva predetto la sua incoronazione. Quando effettivamente divenne Imperatore mantenne la promessa e fece erigere il monastero dove era stata trovata l’icona.

I teschi del massacro

L’architettura e i mosaici, oltre che il Katholikon dedicato alla dormizione di Maria, sono elementi di forte richiamo e che necessitano di una visita approfondita.
All’interno di una delle cappelle puoi trovare anche una teca contenente teschi umani che risalgono al massacro del 1822 quando i turchi uccisero più di 23 mila uomini e donne. Alcuni di quelli che cercarono rifugio nel Monastero sono custoditi nella teca.

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