A Røros i tetti di fiori e le miniere di rame

Dal rame in poi

La cittadina di Røros conquista, appena la si vede apparire da lontano. Perché i tetti, coperti da un manto erboso, ospitano non solo fiorellini di stagione ma anche caprette che brucano.

Fa simpatia un luogo così e, a questa nota positiva, si aggiunge un’antica tradizione: il rame. Infatti, Røros era un’antica città mineraria.

Qui si era istaurato un rapporto minatori-proprietari di grande rispetto reciproco, un’intesa che ha fatto proliferare entrambi. Se, da una parte, i proprietari hanno guadagnato sia economicamente che in termini di immagine, dall’altra i minatori -non solo norvegesi ma anche svedesi e danesi- hanno avuto in concessione le terre, dove hanno “edificato” le proprie vite.

Una tradizione che mantiene viva Røros

Quello che oggi viene definito il quartiere minerario ospita le vecchie case dei minatori, la fornace e i mucchi di scorie, resi sterili, che creano dei contrasti di colore davvero suggestivi.

Invece le abitazioni del centro storico, completamente strutturate in legno, sono ancora oggi una caratteristica di questo posto. Un incendio, maturato in occasione delle dispute con gli svedesi, per i confini territoriali, rischiò di mandare in fumo tutto. Era il 1679. Per fortuna molte facciate, nonostante l’aspetto “affumicato”, vennero mantenute nella loro forma originaria.

I cittadini, durante quel periodo di grande ricchezza, ritennero necessario costruire una chiesa da dedicare all’ineccepibile comportamento tenuto dai proprietari delle miniere. Così eressero la Chiesa di Røros e la riempirono dei loro ritratti. Tra questi c’è anche quello dei Hans Olsen Asen, definito “colui che scoprì il primissimo giacimento di rame”.

Chissà cosa ne avranno pensato i San, scavalcati in questo modo da comuni essere umani.

Come si trasforma un territorio

Questa è una cittadina che vive serenamente e continua a godere dei suoi successi storici.

Un prodotto che sviluppa temi importanti legati al passato: sia per le tecniche di estrazione del rame e la dinamica dei rapporti lavorativi, che per le storie che si sono consumate intorno alle miniere. Ad aggiungersi a questo quadro, già così armonico, è l’aspetto architettonico attuale che potremmo definire di “archeologia industriale”. Proprio perché collega alle testimonianze storiche la conoscenza che si ha della materia e dei materiali.

Chi fece conoscere Røros al mondo fu il pittore neo-romantico Harald Oskar Sohlberg che la dipingeva facendo traboccare l’amore per un paesaggio vivo e le atmosfere più intime, incupite dal suo sguardo pensoso. È attraverso i suoi occhi che non si è potuta ignorare la bellezza saggia e artistica di questo piccolo paesino tra le montagne e i boschi.

La Natura commovente di Røros

Siamo nella Riserva Naturale della Femundsmarka. Prova a immaginare delle altissime foreste di pini rossi e alberi millenari, una biodiversità inalterata, l’ultimo testimone dell’era glaciale: il bue muschiato; prova a sentire l’odore forte della resina, dei fiori della tundra artica.

Qui si rincorrono le pernici, le linci, le aquile reali, i falchi e non mancano di certo le Renne. Ci puoi credere oppure no ma Dio creò questo posto in modo frettoloso. Così narra una vecchia leggenda. Tanto che nel terreno vennero fuori delle vere e proprie voragini. Per rimediare, a quel punto, non potè fare altro che riempirle d’acqua.

Si formarono così tanti piccoli laghi che, insieme alle rocce moreniche -emerse dopo la glaciazione- hanno regalato a questa terra un aspetto incredibilmente bello e selvaggio. Molto aspro. Un po’ così come lo aveva sempre visto e dipinto Harald Oskar Sohlberg.

In estate invece i colori esplodono. Tappeti di mirtilli rossi e neri, le azalee selvatiche, i muschi e i licheni confezionano Røros per altre esperienze.

Gli effetti post-minerari

I tetti verdi e fiorati e lo spettacolare potere della Tundra hanno richiamato l’attenzione di registi cinematografici. Film come Pippi Calzelunghe e Frozen hanno trovato in questa cittadina la giusta ambientazione per le proprie scenografie.

È un mondo fatto di piccole storie. Come quella dell’antico Mercato (ormai un rito che si rinnova dal 1644) -che un tempo era occasione per i cacciatori di scendere dalla montagna, vendere la carne e le pelli e rivedere i minatori dopo una lunga stagione di assenza.

Oppure quella della competizione di cani da slitta, la più lunga d’Europa, che aggiunge tradizione alle tradizioni. Qui si sfidano tantissimi team e, per fare il tifo da bordo strada, accorrono da ogni parte della Norvegia, e non solo.

Ma c’è anche la Rørosmartnan, una festa folkloristica che rievoca i commerci, la cultura dei minatori, la vita popolare in strada. Le persone arrivano a cavallo o in slitta, l’atmosfera si antichizza.

C’è un sapore di storia miniaturizzata.


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